Articolo di Paola Re sulla legge Remaschi

05.07.2016 23:13

Vi proponiamo l'articolo di Paola Re comparso su L'INDRO, oggi, a proposito della Legge Remaschi.

Toscana-cinghiali

Dal 29 giugno è ufficiale, in Toscana la caccia a cinghiali, caprioli, daini, mufloni e cervi è possibile per 5 giorni alla settimana fino al 18 Settembre e riprenderà il 1 Febbraio 2017 fino alla riapertura della stagione venatoria. Nel periodo di caccia (18 Settembre – 31 Gennaio), gli abbattimenti saranno possibili solo nei consueti 3 giorni -lo ha reso noto ‘ANSA. Lo prevede una delibera, approvata dalla Giunta Regionale su proposta dell’Assessore Regionale all’Agricoltura Marco Remaschi, motivo per cui è nota come Legge Remaschi.

La legge 157/1992 disciplina l’attività venatoria e all’art. 12 comma 6 recita «La fauna selvatica abbattuta durante l’esercizio venatorio nel rispetto delle disposizioni della presente legge appartiene a colui che l’ha cacciata», de iure ma non de facto, tant’è che la caccia è un grande affare economico. Questa legge regionale lo conferma poiché ha puntato proprio sul business. Il terreno preparatorio c’è stato due anni fa quando la Deliberazione Regione Toscana del 15.12.14 n.1185 ‘Direttive per la commercializzazione delle carni di selvaggina selvatica attraverso la presenza di Centri di Sosta‘ ha dato i suoi frutti nell’ottobre 2015, con l’inaugurazione di un macello di carne di selvaggina a San Miniato (PI). Al taglio del nastro non poteva certo mancare l’Assessore Remaschi, accolto anche da una delegazione dei dipendenti della Inseme in crisi occupazionale. Dare lavoro è una carta vincente di ogni programma politico, senza porsi più di tanto interrogativi su che genere di lavoro sia.

Il progetto è ad ampio raggio e prevede l’installazione, su tutto il territorio regionale, di celle frigo per la conservazione degli animali abbattuti e corsi di formazione per i cacciatori toscani in collaborazione con le aziende sanitarie locali. L’inaugurazione di questa struttura avviene in un momento controverso per il mercato della carne, infatti, a fine ottobre, è reso pubblico il comunicato dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sul suo consumo, ma la Regione Toscana continua per la sua strada. La Legge Remaschi ha fatto molto parlare di sé perché non è un problema strettamente venatorio: riguarda la società tutta, la libertà di passeggiare nella natura, di girare in bicicletta, di fare escursioni. A prescindere dal massacro animale, che per me resta il problema principale, è inaccettabile che una Regione legiferi a favore di una sparuta minoranza di sportivi sui generis, limitando la libertà della maggioranza della sua popolazione, concedendo privilegi a una lobby da cui si fa tenere in scacco.

La classe politica si è mostrata sorda alle urla strazianti degli animali; alle richieste delle associazioni di tutela ambientale, animale e vegetale; alla preoccupazione della cittadinanza che chiede di essere tutelata nella sua vita quotidiana; ai numerosi appelli da parte di personaggi di spicco come Franco Battiato, Stefano Bollani, Antonio De Marco, Giulio Giorello, Lorenzo Guadagnucci, Luigi Lombardi Vallauri, Enzo Maiorca, Dacia Maraini, Giorgio Panariello, Vincenzo Pardini, David Riondino, Susanna Tamaro, Gianni Tamino, Folco Terzani, Gianni Vattimo, Sandro Veronesi, Marco Vichi.

La legge è passata e, apparentemente, le proteste no. Ma bisogna andare oltre le apparenze perché nulla passa invano. Il movimento di protesta creato dalla campagna ‘Toscana rosso sangue‘ con le cartoline dalle città della Toscana, le innumerevoli lettere inviate a istituzioni e organi di stampa non si dissolverà nel nulla. L’Associazione Gabbie Vuote di Firenze, che da tempo studia il problema cinghiali, ha inviato un recente comunicato stampa annunciando un ricorso alla Corte di Giustizia Europea. La questione è certamente etica, ma si deve risolvere con interventi tecnici. I metodi efficaci, di lungo periodo, di prevenzione e non emergenziali dovrebbero prevedere l’arresto per qualche anno della caccia al cinghiale per poi fare valutazioni scientifiche su quanto essa sia dannosa: tutti lo sanno, soprattutto i cacciatori, che però non vogliono rinunciare a divertirsi nella pratica di uno sport sanguinario.

Le vie verdi per la libera circolazione dei cinghiali tra zone e tra regioni dovrebbero rientrare nella politica nazionale ed europea. Se i cinghiali non possono circolare, finiscono prigionieri tra strade, paesi, reticolati, muri e ovviamente arrivano nell’abitato umano ma lo fanno solo perché non hanno alternative. Già questi due primi metodi darebbero eccellenti risultati e non ci sarebbe bisogno di molto altro. In caso di emergenza, ci possono essere gli investimenti pubblici a compensare gli agricoltori nell’acquisto di barriere fisiche per difendere le colture dai danni provocati dai cinghiali. I metodi più invasivi si devono usare in ultima istanza quando tutti gli altri non hanno funzionato: cattura/ immunocontraccezione/rilascio è il metodo più moderno. Non si tratta di usare la chirurgia ma di praticare una puntura, la nuova frontiera della ricerca, utilizzata in USA e in UK.

Mauro Delogu, uno dei maggiori esperti in gestione di animali selvatici, dirige un ospedale universitario per selvatici a Bologna e ha gestito parchi con 5.000 cinghiali; le soluzioni che propone sono non cruente e risolutiveCarlo Consiglio, già professore ordinario di Zoologia nell’Università di Roma, ha fatto un interessante studio sui cinghiali dimostrando che la caccia al cinghiale non limita i danni all’agricoltura.

La Regione Veneto è contraria alla caccia per ridurre i cinghiali e manifesta la necessità di un piano integrato di sistemi diversi. Legambiente Chianti ritiene che la caccia non sia la soluzione ma il problema. Per quanto riguarda gli incidenti stradali, la caccia non li ridurrà: i cinghiali attraversano le strade e i metodi utili a evitare gli incidenti sono i prismi catarifrangenti e i semafori sonori.

La stagione venatoria 2015-2016 si è chiusa con un bilancio record di vittime: esseri umani, animali di specie protetta e animali domestici sono stati feriti e uccisi violando la normativa. Nello specifico, la caccia al cinghiale è una delle più crudeli, brutali e pericolose nell’attività venatoria. I cacciatori in squadra si preparano alla braccata coi cani; individuati, inseguiti, scovati i cinghiali, aizzano i cani contro le disgraziate vittime a scatenare una lotta agghiacciante. La legge 281/1991 definisce i canianimali d’affezione‘ ma i cani dei cacciatori non sono animali d’affezione, non si vedono a passeggio con le loro famiglie, nel giardino di casa, in vacanza; sono soltanto mezzi per uccidere come lo sono i fucili. Le leggi di tutela non vengono applicate ai cani dei cacciatori, che spesso li abbandonano perché non servono più; non a caso i cani da caccia nei canili sono sempre in buon numero. E’ una caccia crudele anche per la ‘preparazione’ che comporta: cuccioli di cinghiale sono introdotti nei recinti affinché i cani si esercitino in quella che sarà poi la caccia vera e propria. Questi cuccioli terrorizzati cercano la fuga inutilmente, vengono inseguiti fino a che soccombono impazziti di paura, dilaniati dai morsi dei cani eccitati dal sangue e dalle grida dei cacciatori.

L’amore che i cacciatori sbandierano per i loro cani non trova riscontro in ciò che spesso scrivono sui loro siti web: «Il cane nella caccia al cinghiale è costantemente al fronte. È lui che porge il petto nell’assalto all’arma bianca del nemico. E le ferite se non sono mortali sono ugualmente profonde e dolorose. (…) è tuttavia frequente che il cane nel corso della sua carriera le buschi. Quando accade è la fortuna che deve darci una mano. Una ferita superficiale aiuta il nostro amico a capire che il cinghiale va trattato con le pinze; una ferita profonda ci fa correre dal veterinario. Il reiterarsi di incidenti invece ci fa comprendere che quel determinato soggetto va accantonato; arreca danno a se stesso, ci fa spendere soldi per cure e medicine ed aumenta in modo esponenziale il coefficiente di rischio anche per i compagni che cacciano al suo fianco. Nel contatto con il cinghiale la fuga non è disonorevole. Il cane che al primo accenno di carica scatta indietro come una molla è un cane furbo, che tiene alla sua pelle. I brocchi restano lì a ciondolare e a far da bersaglio. I matti vanno a morire. (…)»

I cani da caccia non sono affatto matti ma li si fa ammattire col trattamento che si riserva loro. E rischiano di ammattire anche le persone che scelgono di trascorrere le loro vacanze in mezzo alla natura, costrette a subire una guerra continua fatta per divertimento e per affari.

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